Idrogeno grigio, blu, verde. Si sente spesso parlare dei colori dell’idrogeno, anche se in realtà, questo gas è del tutto trasparente e invisibile. Il colore viene assegnato per identificare in modo semplice e immediato la modalità con cui viene estratto dalle molecole in cui è combinato. Alcune caratteristiche e le peculiarità dell’idrogeno ne hanno fatto uno strumento molto promettente per il settore energetico su cui l’Unione Europea sembra puntare.
È ormai chiaro, infatti, che l’idrogeno avrà un ruolo chiave per la transizione verso una società climaticamente neutra. Indicazioni in tal senso arrivano dall’Unione Europea, che già nel 2020 nel documento “An EU Strategy for Energy System Integration, A Hydrogen Strategy for a Climate-Neutral Europe” delineava il percorso comune europeo per incentivare l’uso dell’idrogeno in tutti gli Stati membri, secondo quanto stabilito dal Green Deal europeo, e dal Governo italiano, che con la Missione 2 del PNRR “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, ha messo in campo una dote da 1 miliardo di euro per gli investimenti sull’idrogeno.
Al fine di verificare e valutare con certezza le potenzialità applicative e di mercato dell’idrogeno, infatti, la strategia della UE prevede, da qui al 2030, delle azioni sperimentali e dimostrative sul territorio finalizzate sia all’inserimento dei sistemi di produzione che allo sviluppo di sistemi di distribuzione e utilizzo, in modo che il gas H2 possa contribuire a mitigare l’emergenza climatica. Vediamo cosa si intende con idrogeno grigio, blu e verde.
Idrogeno grigio, blu e verde: cosa cambia?
L’idrogeno non è una fonte di energia diretta. Piuttosto, è un vettore che immagazzina energia e ne consente il trasporto, la distribuzione e l’uso.
È l’elemento più semplice e più abbondante del Sistema Solare, sulla Terra esiste in quantità quasi illimitate ma è raramente disponibile allo stato libero e molecolare (H2), perché presente in combinazione con altri elementi chimici, per esempio acqua (H20) e idrocarburi (CxHy). Per ottenerlo sono, quindi, necessari dei metodi di estrazione in cui è richiesto l’utilizzo di energia, spesso attraverso processi che impattano sull’ambiente.
L’interesse rivolto verso questo gas deriva dal fatto che l’idrogeno non è tecnicamente un vettore energetico “rinnovabile”, ma è sicuramente “sostenibile”. La sostenibilità dell’idrogeno dipende da come viene prodotto. Dunque, si parla di idrogeno grigio se viene prodotto con combustibili fossili, blu se viene estratto con una componente di rinnovabili, verde se è prodotto usando esclusivamente energia rinnovabile. In realtà, c’è anche il viola che sfrutta l’energia nucleare.
I metodi di estrazione
All’idrogeno grigio corrisponde la classe di colore che comporta più emissioni di CO2 in ambiente e quella, ad oggi, più diffusa, con circa il 95% dell’attuale produzione di idrogeno a livello mondiale.
L’idrogeno grigio viene prodotto attraverso la gassificazione del carbone, a cui corrispondono emissioni dirette per circa 20 kg CO2/kgH2, oppure mediante lo steam reforming che consiste nel trattamento di combustibili come metano o metanolo con vapore acqueo. Questo processo avviene a temperature di circa 200 gradi con » 9 kg CO2/kgH2 di emissioni dirette.
Quando, nonostante l’impiego di combustibili fossili, come gas naturale o carbone, per la produzione, la CO2 liberata nel processo non viene rilasciata in atmosfera ma, in buona parte, catturata ed immagazzinata grazie a processi di Carbon Capture and Sequestration, l’idrogeno viene identificato con il colore blu. Mentre alla classe verde, quella con minore impatto ambientale, appartiene l’idrogeno prodotto attraverso l’elettrolisi dell’acqua in un elettrolizzatore alimentato ad energia elettrica in cui le fonti sono rinnovabili e le emissioni di gas climalteranti risultano nulle o quasi nulle.
L’idrogeno viola viene estratto dall’acqua usando la corrente prodotta da una centrale nucleare, cioè a zero emissione di CO2.
Questi processi prevedono l’uso di tecnologie “tradizionali”. Accanto ad essi, ci sono anche dei metodi di estrazione ancora in fase “sperimentale”, quali la termolisi e la biogenerazione.
Per quanto riguarda le problematiche connesse con la produzione di H2 verde, occorre precisare che si tratta di un processo energivoro e che con le attuali tecnologie per produrre 1 kg di H2 verde con elettrolisi occorre impegnare circa 55-58 kWh/kgH2, mentre il potere calorifico inferiore (densità energetica) dell’idrogeno è pari a circa 33.3 kW/kgH2. Quindi, per la produzione, viene impegnata più energia di quanta se ne possa ricavare. Inoltre, il prezzo dell’idrogeno verde sul mercato internazionale è molto variabile oltre che elevato.
L’aspettativa è che entro il 2030, grazie allo sviluppo tecnologico connesso all’efficienza degli elettrolizzatori e all’abbattimento dei costi di energia prodotta da fonti rinnovabili, il prezzo possa scendere in modo che l’idrogeno diventi effettivamente competitivo rispetto ai carburanti tradizionali.
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