Secondo la ricerca “Greenhouse gas emissions from global production and use of nitrogen synthetic fertilisers in agriculture”, i fertilizzanti azotati sintetici sono responsabili del 2,1% delle emissioni globali di gas serra.
A differenza dei fertilizzanti organici, che provengono da materiale vegetale o animale, i quelli sintetici sono prodotti dall’uomo con processi chimici; la produzione e il trasporto causano emissioni di carbonio, mentre l’uso agricolo di questi fertilizzanti porta al rilascio di protossido di azoto (N₂O), un gas serra 265 volte più potente dell’anidride carbonica (CO₂) nell’arco di un secolo.
Il team di ricerca ha scoperto che, nel 2018, la filiera dei fertilizzanti azotati sintetici è stata responsabile dell’emissione dell’equivalente di 1,13 gigatonnellate di CO₂: si tratta di oltre il 10% delle emissioni globali prodotte dall’agricoltura e di una quantità superiore alle quelle dell’aviazione commerciale nello stesso anno.
I primi quattro emettitori (Cina, India, Stati Uniti e UE28 – Paesi UE + UK) hanno rappresentato il 62% del totale.
Quando i fertilizzanti azotati vengono applicati al suolo, una parte viene assorbita dalle piante e una parte viene utilizzata dai microrganismi del suolo, che producono N₂O come sottoprodotto del loro metabolismo. Secondo i ricercatori, la strategia più efficace per ridurre le emissioni è quella di ridurre l’eccesso di fertilizzazione, che attualmente si verifica nella maggior parte dei casi.
I dati dello studio, infine, mostrano che il Nord America ha il più alto utilizzo annuale di fertilizzanti azotati per persona (40 kg), seguito dall’Europa (25-30 kg), mentre il consumo più basso (2-3 kg) è stato registrato dall’Africa.
“Abbiamo bisogno di un programma globale per ridurre l’uso complessivo dei fertilizzanti – dichiara Stefano Menegat, dell’Università di Torino – e per aumentare l’efficienza del riciclo dell’azoto nei sistemi agricoli e alimentari. Possiamo produrre cibo a sufficienza per una popolazione in crescita con un contributo molto minore alle emissioni globali di gas serra, senza compromettere le rese”.