Creare una economia circolare dell’acqua, mediante la trasformazione degli impianti di depurazione di reflui urbani in bio-raffinerie, cioè impianti in grado di fornire materie seconde per l’industria (cellulosa, sali di fosforo, biopolimeri), contemporaneamente riducendo le emissioni di gas serra di questi impianti. E’ questo l’obiettivo del progetto europeo SMART-PLANT, coordinato dall’Università Politecnica delle Marche e recentemente concluso.
Questo progetto ha dimostrato “sul campo” (sia in Italia che all’estero) la reale convenienza economica dei prodotti di recupero ottenuti. Infatti, un esame dei dati di “performance” degli impianti di depurazione europea mostra che da essi si potrebbe ricavare, in termini di disponibilità “pro-capite” (cioè per ogni cittadino europeo): da 80 a 120 mc di acqua riutilizzabile, da 5 a 7 kg di cellulosa, da 2 a 4 kg di biopolimeri, da 0,5 a 1,5 kg di sali di fosforo, da 4 a 5 kg di sostanze azotate, da 12 a 13 mc di metano e da 9 a 10 kg di fertilizzanti organici (compost ad alto contenuto in fosforo).
Per ricavare questi materiali occorre una “strategia” che comprenda innanzitutto una revisione dei processi primari, in modo da sfruttare meglio i materiali ricchi di sostanze organiche; in secondo luogo, il recupero di fosforo e azoto attraverso processi rapidi (short-cut) ed energeticamente efficienti; inoltre, la depurazione terziaria mediante adsorbimento su materiali nano-ingegnerizzati e, infine, un trattamento anaerobico spinto.
Qui di seguito le diverse tappe dei nuovi processi sperimentati nel corso del progetto Smart-Plant.
Ripensare i trattamenti primari
L’elemento chiave dei trattamenti primari convenzionali è il sedimentatore, che al fondo produce fanghi (da inviare a digestione anaerobica) e genera allo sfioro il flusso da inviare alla vasca di ossidazione aerobica. La proposta Smart-Plant si basa sulla sostituzione del sedimentatore con un processo a due stadi:
– il primo stadio, denominato “Cellvation”, consiste nel recupero della cellulosa (proveniente dagli enormi quantitativi di carta igienica utilizzata) mediante uno speciale filtro a maglie fini. Le fibre di cellulosa, che costituiscono il 79% del materiale solido raccolto, vengono lavate, igienizzate e asciugate, e trasformate in un prodotto denominato “Recell” (in fluff o pellets), che può essere usato nella produzione di biocompositi (in miscela con bioplastiche del gruppo PHA) o come additivo nelle pavimentazioni stradali. Nel quadro del progetto Smart-Plant è stato installato un sistema Cellvation, con capacità di 90 mc/ora, presso un impianto di depurazione olandese. L’esperienza di questo impianto, dal quale si ottengono 400 kg/giorno di cellulosa pulita, ha mostrato i seguenti vantaggi: riduzione fino al 20% del consumo energetico nella successiva fase di ossidazione con aria, grazie alla riduzione del carico organico a valle della separazione della cellulosa; aumento della capacità di trattamento, grazie allo stesso meccanismo di riduzione del carico organico; riduzione del volume di fanghi in uscita, e quindi minori costi per l’acquisto dei polimeri addensanti e per lo smaltimento finale
– il secondo stadio, denominato AAT e sviluppato dalla società israeliana AgRobics, consiste in un reattore anaerobico biostabilizzato, nel quale i batteri anaerobici sono depositati su una matrice polimerica, strutturata in modo da ottenere una larga superficie coperta da biofilm, che protegge i batteri dal dilavamento e dalle sostanze che inibiscono la degradazione anaerobica. Il reattore anaerobico è ad asse verticale, con ingresso del refluo in basso e flusso ascendente, con separazione del biogas nella parte superiore. La sperimentazione è stata compiuta in Israele, su un impianto che trattava reflui agroalimentari (tra i quali anche residui di oleifici e acque di lavaggio di un mattatoio). Il reattore sperimentale, con un volume di 25 m3, tratta 100-120 mc/giorno, e ha mostrato una riduzione del 30% nel carico organico, con un conseguente risparmio nell’energia richiesta per l’aerazione delle vasche a fanghi attivi, ed un incremento del 25% nella produzione di biogas. Inoltre, si riduce sensibilmente il volume dei fanghi in uscita, e si migliora la stabilità dell’intero impianto di trattamento nei confronti di improvvise variazioni del carico organico in ingresso.
Recupero delle sostanze nutrienti
I moderni depuratori hanno tutti lo stadio di “abbattimento nutrienti”, in cui le sostanze azotate vengono trasformate in azoto elementare, e quelle contenenti fosforo vengono trasformate in sali insolubili o incorporate nei fanghi biologici. Questi processi evitano l’immissione nei fiumi delle sostanze nutrienti e prevengono quindi i fenomeni di eutrofizzazione, ma distruggono risorse che sono state immesse nel terreno come fertilizzanti. In particolare, nel caso di fertilizzanti a base di fosforo si tratta di risorse non rinnovabili, in quanto i giacimenti di rocce fosforiche sono limitati e in via di esaurimento.
Nell’ambito del progetto Smart-Plant sono state sviluppate tre diverse tecnologie per il recupero delle sostanze nutrienti:
– scambio ionico (processo IEX). L’effluente in uscita dal chiarificatore secondario va a 2 colonne di resine a scambio ionico poste in serie. Nella prima, un letto di zeoliti sintetiche rimuove lo ione ammonio (NH4+), che verrà successivamente alcalinizzato per ottenere una soluzione di ammoniaca; da questa si possono ottenere concimi ammoniacali, come il solfato di ammonio, per aggiunte di acido solforico. Nella seconda colonna, un letto di resine anioniche ibride rimuove lo ione fosfato (PO4-3), che viene poi inviato ad un serbatoio di precipitazione, dove grazie alla aggiunta di calce idrata viene precipitato come fosfato di calcio (idrossiapatite) e separato per filtrazione. Questo processo garantisce il rispetto dei limiti allo scarico di azoto ammoniacale e fosforo, recuperando il 97% dell’ammoniaca e il 95% del fosforo, in forma di prodotti a purezza tale da consentire l’impiego nell’industria chimica e in quella dei fertilizzanti. Il sistema di rigenerazione è stato attentamente studiato per ottenere il miglior uso possibile dei reattivi (cloruro di potassio e soda), in modo da minimizzare le spese di esercizio. Le zeoliti esauste possono essere incorporate nel compost, arricchendolo in ammoniaca e potassio, oppure essere utilizzate direttamente come fertilizzante a lento rilascio
– processo biologico SCENA (Short-Cut Enhanced Nutrients Abatement), sviluppato dall’Università di Verona e sperimentato nel depuratore di Carbonera (TV), che rimuove i nutrienti dalla fase acquosa ottenuta per disidratazione del digestato. Il processo si basa su una serie di reazioni biologiche innescate dall’aggiunta di acidi grassi volatili provenienti dallo stadio acidogenico della fermentazione anaerobica dei fanghi; rispetto ad altri processi di rimozione dei nutrienti per via biologica, ha il vantaggio di non richiedere l’aggiunta di nutrienti per i batteri a base di carbonio organico. Il prodotto finale del processo è un fango contenente fino al 5% di fosforo, che può essere direttamente impiegato come fertilizzante. La sperimentazione presso il depuratore di Carbonera indica una rimozione del 75% di azoto e fosforo, e consumi energetici nettamente inferiori rispetto agli altri processi attualmente utilizzati. Il processo Scena è stato ulteriormente perfezionato in Grecia inserendo uno stadio dimostrativo di idrolisi termica del fango, che consente di aumentare la percentuale del fosforo recuperato
– processo biologico SCEPPHAR (Short Cut Enhanced Phosphorous and PHA Recovery), una versione più complessa del processo Scena, che è stato sperimentato nel depuratore di Carbonera e che porta a ottenere come prodotti finali il biopolimero PHA (poli-idrossi-alcanoato) e il fosforo in forma di struvite (fosfato di ammonio e magnesio). L’impianto pilota installato a Carbonera, con capacità in ingresso di 4-5 mc/giorno, ha prodotto 0,7-0,8 kg/giorno di PHA e 0,3 kg/giorno di struvite. Il processo Scepphar tratta la frazione liquida dei fanghi di depurazione, che è particolarmente ricca in sali di azoto e di fosforo, ottenendo la rimozione dell’85% dell’azoto, la trasformazione del fosforo in struvite (utile per la formulazione di fertilizzanti a lento rilascio, ammessi dalle normative europee anche per l’agricoltura biologica) e la produzione di un fango contenente fino al 50% di PHA. Il carbonio organico necessario per formare le molecole di PHA e per dare nutrimento ai batteri dello stadio di nitrificazione/denitrificazione viene ottenuto per fermentazione della frazione cellulosica dei fanghi primari, evitando così acquisti di materiali all’esterno del depuratore.
Valutazione dei prodotti ottenuti
Nell’ambito del progetto Smart-Plant sono state condotte sperimentazioni volte a dimostrare concretamente la possibilità di utilizzare i prodotti ottenuti. In particolare, sono state preparate nuove formulazioni di materiali compositi ottenuti da miscele della cellulosa recuperata nel primo stadio di filtrazione, con polimeri convenzionali, anche provenienti da riciclo, come il polietilene alta densità ottenuto per riciclo di flaconi di latte e di detersivi. I materiali così ottenuti sono adatti per la produzione di panchine, mobili da giardino, elementi di palizzate e simili; la società inglese SBPL commercializza una formulazione denominata Ecodek.
Un’altra sperimentazione si è proposta di valutare l’utilizzo del biopolimero PHA; questo può essere estratto dai fanghi finale del processo Scepphar e utilizzato nella formulazione di materiali compositi con fibre di legno o di cellulosa.
Infine, i fanghi ricchi di fosforo, ottenuti mediante il processo Scena, possono essere utilizzati direttamente come fertilizzanti (in miscela con altri componenti), oppure sottoposti a compostaggio aerobico. Con questo trattamento si ottiene in meno di 3 mesi un prodotto altamente stabilizzato, ad alto contenuto di fosforo e azoto, ottimo come fertilizzante biologico.