La sfida nella misurazione della contaminazione dell’acqua è costruire dispositivi a basso costo che possono funzionare in modo autonomo, fornendo informazioni precise sui contaminanti chimici e biologici nel corso di mesi o addirittura anni.
Il progetto europeo NAPES ha sviluppato un dispositivo di rilevamento colorimetrico prototipo che prende i campioni di acqua e, utilizzando la microfluidica, aggiunge i reagenti per generare un colore specifico.
“Utilizziamo un foto-rivelatore a LED a basso costo per misurare il colore, che è correlato alla concentrazione di nutrienti e di altri contaminanti nell’acqua – afferma il coordinatore del progetto, Dermot Diamond del Centro nazionale per la ricerca sui sensori, presso l’Università di Dublino, in Irlanda. Fino ad oggi vi è stata una particolare attenzione sul fosfato, un importante contaminante nei bacini idrici in tutta Europa, ma la chimica può essere adattata per rilevare altri importanti contaminanti. Sono stati attivati dispositivi prototipo nel Mar Mediterraneo e nella regione artica e presso impianti di trattamento delle acque reflue in Italia e in Irlanda”.
Il partner irlandese del progetto Tellabs stima che il prezzo commerciale del dispositivo Napes sarà intorno ai 2.000,00 euro o dieci volte inferiore al corrente prezzo commerciale degli analizzatori ambientali autonomi.
“Se siamo in grado di ridurre il costo di questi strumenti – chiarisce Diamond possiamo aumentare drasticamente il numero di dispositivi che attiviamo e misurare più spesso in più posizioni per dare un quadro più preciso dello stato ambientale”.
Per la rilevazione di contaminanti biologici come i batteri dell’E.coli, il team del progetto è partito da un sensore ottico sensibile sviluppato inizialmente dall’Università degli Studi di Milano. Il polimero usato in questo rilevatore è invisibile in acqua, poiché ha lo stesso indice di rifrazione dell’acqua.
La superficie del materiale viene trattata per concentrarsi su una particolare molecola. E dato che la superficie corrisponde a un indice di rifrazione, se questa si modifica, si modifica anche l’indice di rifrazione, e ciò che era invisibile improvvisamente diventa visibile, il che fornisce un metodo di rilevamento molto sensibile.
Particolari bio-recettori sono stati immobilizzati su microperle. In presenza di acqua contaminata, i batteri si concentrano sulle perle e vengono successivamente rilasciati per la misurazione tramite il rilevatore ottico messo a punto. Questi complessi blocchi di costruzione sono stati sviluppati e poi integrati in piattaforme di dimostrazione funzionanti per la convalida in prove di laboratorio.
Il team del progetto ha inoltre sviluppato materiali foto-commutabili; le molecole sono state sintetizzate e utilizzate per produrre un gel la cui proprietà cambia drasticamente quando viene esposto alla luce, che fa espandere e contrarre il gel.
Il controllo fluidico richiede valvole che consumano molta energia e attualmente sono troppo grandi per poter essere integrate in un chip microfluidico.
“Abbiamo inserito questo gel foto-commutabile in canali microfluidici – spiega Diamond – e abbiamo usato la luce per far espandere e contrarre il gel, chiudendo o aprendo il canale su richiesta. Abbiamo dimostrato che non solo possiamo attivare e disattivare il flusso, ma siamo in grado di bloccare il gel polimerico ad uno stadio intermedio, parzialmente aperto, per controllare con precisione la velocità di flusso nel microcanale”.
La ‘valvola’ controllata dalla luce, che è stata brevettata, può essere incorporata in un chip microfluidico e può diventare una tecnologia dirompente, riducendo notevolmente i costi dei sistemi microfluidici usati negli analizzatori.