Le imprese italiane sono in prima linea per integrare la sostenibilità all’interno del loro business. Questo il dato emerso dall’indagine “Procurement sostenibile e decarbonizzazione” condotta da EY per gli Stati Generali della Green Economy.
Oltre il 90% delle aziende intervistate, infatti, ha inserito il tema dell’approvvigionamento sostenibile nella propria rendicontazione delle performance non finanziarie e oltre l’80% ha già sviluppato una strategia volta all’implementazione della sostenibilità nella propria catena di fornitura.
Quest’ultimo aspetto risulta ormai fondamentale per le imprese, in quanto rappresenta l’opportunità concreta per raggiungere modelli di business responsabili, contribuire alla mitigazione dei rischi di fornitura, migliorare le performance ESG per l’azienda e per i fornitori e garantire un sempre maggiore livello di innovazione nelle soluzioni presenti e future.
“L’implementazione di programmi di procurement sostenibile rappresenta per le aziende un’opportunità di crescita e di creazione di valore sul lungo periodo, ma costituisce anche una sfida, data la sua natura complessa, i tempi previsti e le difficoltà riscontrabili nei processi – dichiara Irene Pipola, sustainability consulting leader di EY in Italia – e anche grazie alla spinta del mercato e della regolamentazione in materia, per la maggior parte delle imprese intervistate, è sempre maggiore l’importanza ricoperta dalla tematica dell’approvvigionamento sostenibile all’interno delle strategie di sostenibilità che devono essere supportate da azioni concrete. Guardando al futuro, un ruolo determinante sarà ricoperto dalla tecnologia e da come i criteri ESG si integrano nei processi e nei sistemi di gestione di procurement attuali e a venire”.
I dati dell’indagine evidenziano anche le aree di miglioramento su cui intervenire nel breve termine. A tal proposito, sebbene il 64% delle aziende abbia modificato le proprie procedure di procurement allo scopo di renderle più green, tra le aziende che hanno formalizzato i propri impegni riguardo la catena di fornitura (56%), solo il 4% ha adottato una policy specifica sul tema del procurement sostenibile. Soltanto il 5% delle aziende, inoltre, ha individuato la sostenibilità della propria catena di fornitura come principale area di miglioramento, contro ben il 71% del campione che ha dichiarato di volersi concentrare sulla riduzione delle emissioni di CO₂.
In molti settori, però, gran parte delle emissioni di gas serra proviene proprio dalla catena di fornitura; per tale motivo, questa, dovrebbe essere considerata un’area d’intervento prioritaria, anche in considerazione delle nuove direttive europee sulla rendicontazione delle performance di sostenibilità e ai rischi nella catena di fornitura, che richiederanno di misurare gli impatti lungo tutta la catena di valore e di sviluppare piani strategici contenenti le misure predisposte per mitigarli. Nonostante ciò, i dati rivelano che solo l’8% delle aziende ha previsto degli obiettivi di riduzione delle emissioni che riguardano anche la catena di fornitura.
In generale, comunque, dai dati emerge come il procurement sostenibile sia in grado di contribuire alla decarbonizzazione non solo delle grandi aziende ma anche delle PMI. Infatti, le catene di fornitura delle grandi aziende italiane che allocano risorse per la messa in atto di programmi di procurement sostenibile sono formate per lo più da PMI, che nell’UE rappresentano il 99,7% delle aziende e che hanno un’impronta ecologica pari al 70% dell’inquinamento industriale europeo.
Più aziende intervistate, inoltre, hanno dichiarato di avere una base di fornitori composta per la maggior parte da realtà di piccole e medie dimensioni (70-80%), evidenziando le criticità legate al coinvolgimento delle stesse in programmi e iniziative di sviluppo sostenibile. Da questo, quindi, emerge come gli incentivi destinati a piccole e medie imprese ricoprono un ruolo fondamentale nell’ambito della riduzione delle emissioni generate dal sistema imprenditoriale italiano.
Categorie: News, Sostenibilità
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