I supermercati italiani non hanno un piano concreto per fare a meno della plastica monouso, aumentare la vendita di prodotti con sistemi di riuso e ricarica e allontanarsi da un modello di business inquinante, basato sul massiccio impiego di imballaggi e contenitori progettati per diventare rifiuti. Lo rivela la classifica “Carrelli di Plastica” – redatta da Greenpeace e ilfattoquotidiano.it nell’ambito dell’omonima iniziativa editoriale congiunta, avviata per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’inquinamento da plastica – in cui vengono rese pubbliche le valutazioni, relative al 2021, delle principali catene di supermercati italiani.
Nei mesi scorsi Greenpeace e ilfattoquotidiano.it hanno inviato un questionario alle principali insegne della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) operanti in Italia (Conad, Selex, COOP, Esselunga, Gruppo Végé, Eurospin, LIDL e Sogegross), rappresentative di oltre il 70% delle quote di mercato. L’obiettivo era quello di verificare come queste catene stanno affrontando il problema legato all’abuso di imballaggi in plastica monouso che alimenta una delle crisi ambientali più gravi dei nostri tempi, l’inquinamento da plastica. Le aziende sono state valutate sulla base di tre criteri:
- trasparenza, ovvero la disponibilità a rendere note le quantità di plastica usata;
- impegni volontari sulla riduzione dell’impiego di plastica, come l’incremento di prodotti venduti in modalità sfusa o con ricarica e il ricorso a materiale riciclato;
- il supporto a iniziative politiche, come l’introduzione del sistema di deposito su cauzione (o DRS) per i contenitori di bevande.
Di tutte le aziende valutate soltanto Selex ottiene un risultato intermedio, grazie agli impegni per ridurre la quantità di plastica utilizzata (del 30% entro il 2025) e la volontà di incrementare la vendita di prodotti sfusi o con sistema di ricarica entro il 2025. Viceversa, le altre insegne di supermercati, pur avendo già avviato iniziative per diminuire l’impiego di plastica (in termini di peso) per alcuni imballaggi e incrementare l’uso di materiale riciclato, mancano di una strategia coerente basata su obiettivi ambiziosi e a lungo termine, soprattutto sul riuso.
I punteggi più bassi sono stati fatti registrare dal Gruppo Végé (Bennet, Multicedi, Moderna, GDA, ISA, etc) e Sogegross (Basko, Ekom, Doro, etc) che, oltre a non aver risposto al questionario, mettono a disposizione scarse informazioni sui propri siti web. Conad, il più grande gruppo operante in Italia, non solo non ha risposto al questionario ma si è classificata agli ultimi posti, racimolando un misero punteggio di 10,33 punti sui 100 disponibili.
“I supermercati italiani, con la loro dipendenza dal monouso in plastica, non solo contribuiscono all’inquinamento dei mari e del pianeta, ma alimentano la domanda di idrocarburi come gas e petrolio, da cui si produce la plastica, aggravando la crisi climatica. Serve un rapido cambio di rotta, con l’attuazione di misure concrete e ambiziose per incrementare la vendita con contenitori riutilizzabili, a partire dalle aziende leader del mercato come Conad”, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace. “In un momento storico come questo è fondamentale adottare soluzioni meno impattanti come il riuso, che diventerà sempre più comune alla luce degli ultimi sviluppi legislativi in Europa”.
Riguardo i singoli criteri di valutazione, Esselunga è risultata la migliore sulla trasparenza, prerequisito fondamentale per adottare qualsiasi tipo di impegno. Mentre Selex, Coop e Lidl fanno registrare i risultati migliori nella categoria impegni volontari. Esselunga e Lidl sono inoltre le uniche a dirsi favorevoli all’introduzione del deposito su cauzione (o DRS) per i contenitori di bevande. Come dimostrano numerose esperienze in altri Stati europei, il DRS consente di massimizzare la raccolta e facilitare il riciclo: un sistema altamente performante che in Italia, a causa dell’assenza da oltre un anno del decreto attuativo, non è mai entrato in vigore.