Sono stati pubblicati i risultati dell’edizione 2022 dello studio “Utilities protagoniste della transizione ecologica: le sfide dell’economia circolare”, condotto dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con AGICI.
I dati, relativi al 2020, sono riferiti a un campione rappresentativo che, per i servizi idrici e ambientali, interessa rispettivamente più di 37 e circa 24 milioni di abitanti e per il quale si sono rilevati almeno 182 milioni di euro di investimenti annui per il perseguimento dell’economia circolare, soprattutto tramite impianti.
Nei territori serviti dalle associate di Utilitalia, la raccolta differenziata dei rifiuti raggiunge il 63% (un dato in linea con la media italiana) e lo smaltimento in discarica il 17,5% (la media nazionale è del 20%, ma il limite massimo stabilito dall’Unione europea per il 2035 è del 10%).
Tra gli altri risultati ottenuti dalle imprese associate a Utilitalia spiccano i 160 milioni di metri cubi di biogas prodotti, un tasso di recupero dei fanghi di depurazione pari all’87% e un tasso di rifiuti avviati a riciclo superiore al 90%.
Secondo i dati riportati, l’Italia si posiziona bene rispetto agli altri paesi europei per quanto riguarda i principali indicatori di economia circolare; mentre a livello europeo il rapporto tra uso di materia proveniente da processi circolari e uso complessivo di materia si attesta al 12,8%, in Italia tale valore è pari al 21,6%, secondo solamente a quello della Francia (22,2%) e di quasi dieci punti percentuali superiore a quello della Germania (13,4%).
Come previsto dal PNRR, l’Italia ha adottato la Strategia Nazionale per l’Economia Circolare; questa, però, è ancora sprovvista dei necessari dettagli attuativi, ed è quindi necessario risolvere ancora numerosi nodi: dal superamento dell’emergenza rifiuti che periodicamente affligge diverse aree, a un cambiamento del sistema economico che consenta alla circolarità di esprimere pienamente il proprio potenziale. Questo contribuirebbe anche ad attenuare le criticità connesse all’attuale situazione geopolitica, che ha portato alla carenza di alcune materie prime e alla relativa impennata dei costi.
È fondamentale, infatti, accelerare il disaccoppiamento tra crescita del PIL e uso di materie prime, convertendo gli attuali modelli di produzione e di consumo in un’ottica di circolarità.
Strategie “oltre il riciclo”
L’edizione 2022 dello studio consolida e arricchisce l’indagine svolta lo scorso anno, con un’analisi delle politiche di settore più approfondita e dettagliata e con una maggiore attenzione per alcune strategie che vanno “oltre il riciclo”:
- l’ecodesign, utile per abilitare maggiore riparabilità, riutilizzabilità e riciclabilità dei prodotti;
- la logistica inversa, come i sistemi di deposito e restituzione (sistemi DRS o vuoti a rendere);
- le piattaforme di riparazione, upcycling e additive manufacturing dei materiali, per ottenere prodotti finali di valore o qualità pari o superiore agli elementi che li compongono.
L’ecodesign è una strategia sempre più rilevante con riferimento ai prodotti e agli imballaggi: nel marzo 2022, ad esempio, si contavano in Europa 89.357 prodotti certificati EU Ecolabel, un dato in crescita costante negli ultimi 12 anni. L’Italia, con quasi 14.000 prodotti, è il secondo paese europeo per prodotti certificati EU Ecolabel.
I sistemi di deposito e restituzione potrebbero aiutare il Paese ad aumentare il tasso di riciclo degli imballaggi in plastica, che attualmente si attesta al 45%; altri Paesi che attuano sistemi diffusi di vuoto a rendere ottengono, infatti, performance migliori: è il caso della Svezia (53%), dei Paesi Bassi (57%) e della Lituania (70%). Lo studio mostra come il tasso medio di raccolta per le bottiglie in PET in Europa nel 2018 si attestasse sul 47% nei Paesi senza un DRS, e sul 94% nei Paesi con un sistema di deposito e restituzione degli imballaggi.
Per quanto riguarda l’economia della riparazione e dell’upcycling, infine, in Italia nel 2019 si contavano 49.524 imprese attive nel settore della riparazione (1,45% del totale delle imprese italiane), approssimativamente in linea con la media europea. Queste imprese impiegano 160.000 lavoratori (poco più dell’1% della forza lavoro nazionale riferita all’economia aziendale non finanziaria) e producono circa 6,3 miliardi di euro di valore aggiunto (circa lo 0,8% del valore aggiunto complessivo generato nell’economia aziendale non finanziaria): si tratta in gran parte di micro-imprese, che negli anni recenti stanno avanzando un trend di integrazione e scale-up, per il quale il potenziale è ancora largamente inesplorato.
L’economia circolare è un importante motore di crescita ed efficienza, nell’ambito del quale le utilities possono giocare un ruolo centrale, cogliendo a pieno diverse opportunità: sviluppare collaborazioni continuative con l’industria che si occupa della progettazione dei prodotti per migliorare la qualità del riciclato o creare mercati per le materie prime seconde, investire nei sistemi di logistica inversa (come gli schemi di deposito e restituzione degli imballaggi) o ancora fungere da piattaforma di collegamento tra le piccole imprese attive nel settore della riparazione, a beneficio dei distretti e delle aggregazioni industriali.
Per sfruttare al meglio queste potenzialità, però, sono necessarie azioni congiunte di utilities e policy maker, tra cui l’estensione degli strumenti di supporto finanziario per l’attuazione delle strategie di economia circolare, il potenziamento della normativa dedicata, lo sviluppo di piattaforme di networking e co-progettazione e la rimozione dei colli di bottiglia normativi.