Rome Business School ha pubblicato lo studio “Sostenibilità e responsabilità sociale d’impresa in Italia. Economia circolare e compliance tra PNRR e nuove direttive europee”, volto a porre in evidenza i passi da compiere per migliorare l’attuazione dell’Environmental Social Governance (ESG), l’impegno dell’Italia in circular economy e il ruolo delle Indicazioni Geografiche nel rilancio dell’economia.
Inserendo i diritti umani e la transizione ecologica al centro, la nuova direttiva UE sulla responsabilità sociale delle imprese mira a influenzare e cambiare il modo in cui le imprese operano, aiutandole a trasformare la loro missione e la loro governance, perché tengano conto dell’impatto sociale e ambientale delle loro operazioni. In questo contesto, i sistemi e gli standard di qualità come le Indicazioni Geografiche possono svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere la sostenibilità aziendale, l’economia a zero emissioni e l’economia circolare.
ESG e PNRR
Nonostante la notevole crescita delle iniziative in materia di ESG a livello mondiale, è ancora necessario produrre dati e prove migliori sui reali effetti positivi di questi, soprattutto in relazione al rispetto dei diritti umani e dell’ambiente.
Nel caso dell’Italia sono stati inseriti dei nuovi meccanismi di compliance per il settore della Pubblica Amministrazione, con una serie di riforme che mirano a garantire la corretta adozione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza con compiti di rendicontazione e coordinamento fra la Commissione UE e il Governo nazionale, semplificazione della burocrazia e rafforzamento della capacità amministrative.
Piani a zero emissione e cambiamento climatico
Il cambiamento climatico è un rischio finanziariamente rilevante per le società quotate in borsa e si colloca in cima alla lista delle preoccupazioni degli investitori (GIEC, 2021). È quindi importante migrare a nuovi sistemi di consumo e produzione che abbiano al centro la sostenibilità.
Per questo motivo, nel 2022 l’UE ha stabilito dei criteri di rendicontazione obbligatori per le grandi imprese e le PMI che verranno quotate a partire dal 2024. Questi criteri cercheranno di promuovere comportamenti aziendali sostenibili.
Il nuovo quadro ESG costituisce, quindi, un argomento più convincente per la transizione circolare.
Secondo l’OSCE, infatti, le catene del valore circolari possono aiutare le aziende a soddisfare i nuovi standard di fare impresa, in particolare le PMI, che in Italia rappresentano il 99,9% del totale delle imprese operanti sull’intero territorio nazionale. L’adozione di politiche economiche sostenibili e legate alla circular economy potrebbe rispondere alle crescenti sfide ambientali e i rischi aziendali legati alla volatilità dei prezzi sui mercati delle materie prime, dalle quali l’economia europea è fortemente dipendente.
L’economia circolare italiana
Secondo uno studio della Commissione Europea del 2020, solo il 37% delle imprese UE intervistate svolge la due diligence in materia di ambiente e diritti umani e solo il 16% copre l’intera catena di fornitura.
Ciononostante, secondo il 4° Rapporto sull’Economia Circolare in Italia (Circular Economy Network, 2022), l’Italia è in testa per i “trend di circolarità”, confermandosi come il Paese con maggiore incremento nelle proprie performance in materia di economia circolare negli ultimi cinque anni. Il Paese, infatti, ottiene 20 punti superando Germania e Polonia, classificate in seconda posizione, mentre Spagna e Francia totalizzano solo 14 punti.
All’interno degli sforzi per creare una società più sostenibile, vi è poi la gestione dei rifiuti. Lungo la penisola, le Regioni più indietro rispetto le normative in quest’ambito sono Sardegna, Abruzzo e Umbria; mentre Campania ed Emilia-Romagna stanno compiendo dei passi importanti, e Toscana e Trentino-Alto Adige sono in forte consolidamento.
Il potere delle Indicazioni Geografiche in Italia
I sistemi e gli standard di qualità possono svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere la sostenibilità aziendale, l’economia a zero emissioni e l’economia circolare.
A livello europeo, l’area mediterranea rappresenta quasi il 70% di tutti i prodotti di Indicazione Geografica (IG) registrati nel continente. L’Italia è in testa alla classifica, seguita da Francia, Spagna, Portogallo e Grecia, ma il riscaldamento del pianeta e il cambiamento climatico stanno provocando dei cambiamenti che richiederanno una rivalutazione dei prodotti e dei processi di lavorazione delle materie prime a disposizione.
Secondo il Rapporto Ismea-Qualivita, a dicembre 2021, si contavano 3.249 prodotti DOP IGP STG nel mondo, di cui 3.043 registrati nei Paesi europei. L’Italia ha il primato con 841 prodotti certificati, che rappresentano sul territorio italiano il 19% del fatturato totale dell’agroalimentare e costituiscono un solido traino per l’economia e l’export nazionale.
Risulta evidente il potere che assumono i prodotti agroalimentari di massima per l’economia italiana, ma è bene tenere in considerazione i passi che devono ancora essere compiuti.
Sulla scia del successo del sistema delle IG per i prodotti agricoli, ad aprile 2022 la Commissione europea ha presentato il primo quadro europeo per la protezione della proprietà intellettuale dei prodotti artigianali e industriali europei, come il vetro di Murano, la porcellana di Limoges e la ceramica di Boleslawiec.
La concessione di una protezione a livello europeo ai prodotti non agricoli potrebbe consentire all’UE di includere tali prodotti nei futuri accordi commerciali, aumentandone così il riconoscimento internazionale. Nel caso dell’agroalimentare: + 185% per i vini, + 152% per le bevande alcoliche e + 50% per i prodotti agricoli/alimentari.