L’industria tessile e dell’abbigliamento è uno dei settori più inquinanti a causa degli enormi volumi di energia e di acqua necessari per la produzione dei capi. Va da sé, quindi, che migliorare la sostenibilità del settore e raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibili è possibile solo rendendo circolare l’intero ciclo di vita.
La “moda circolare” è un concetto sempre più in crescita che promuove il riciclo e il riutilizzo di abiti e accessori.
Le proiezioni, infatti, mostrano che si tratta di una tendenza dominante del futuro, in cui il mercato dell’usato assumerà un ruolo significativo. Oggi, si stima che il mercato della moda second-hand valga a livello globale 40 miliardi di dollari, ma la crescita media prevista per i prossimi anni si attesta tra il 15% e il 20%.
Nonostante questo, lo studio “The circular economy and bioeconomy in the fashion sector: Emergence of a ‘sustainability’ bias”, ha messo in evidenza che l’attuale percezione dei consumatori rispetto a tale settore sembrerebbe non essere in linea con tale tendenza.
La ricerca ha indagato gli atteggiamenti e le abitudini dei consumatori italiani nell’acquisto di abiti bio-based e di seconda mano; i risultati hanno mostrato che, sebbene gli italiani riconoscano l’abbigliamento di seconda mano e quello bio-based come equivalentemente sostenibili, sono meno propensi a comprare second-hand percependolo di scarsa qualità, mentre sono più favorevoli ad acquistare moda bio-based.
Biomateriali nel mondo della moda
Per molti consumatori è importante che i capi di abbigliamento che acquistano siano etici e sostenibili, quindi è fondamentale che le aziende compiano passi in avanti verso questa direzione.
Attualmente l’attenzione è posta in particolare verso la sostituzione dei materiali: è necessario, quindi, trovare nuove soluzioni per sostituirli con altri più circolari.
La biochimica, oggi, è vista come una delle risposte ai problemi dell’enorme impatto che l’industria tessile ha sull’ambienta; questa è importante, per esempio, per sviluppare processi di tintura basati su batteri e non sulla chimica standard a base di petrolio. Inoltre, è considerata un’enorme opportunità per la produzione di nuove fibre: un esempio è la cellulosa, spesso celebrata come soluzione per tessuti biologici sostenibili che, però, ha un processo di trasformazione molto impattante. La sfida, in questo caso, consiste nello sviluppo di nuovi processi che possano trasformare la cellulosa in una delle principali materie prime per la produzione di fibre artificiali, ma bio-based.
L’importanza di una comunicazione consapevole
“AllThings.BioPRO” è un progetto finanziato in partnership dall’Unione Europea e dal Bio-Based Industries Consortium (CBE JU) che mira a mettere in contatto consumatori, industrie bio-based e altri stakeholder della filiera, facilitando la comunicazione, lo scambio di conoscenze e divulgando le opportunità che la bioeconomy offre alla vita quotidiana dei cittadini.
La moda rappresenta uno dei quattro pilastri su cui si basa il progetto, insieme a scuola, lavoro e packaging.
“Nel settore fashion, in particolare, i consumatori hanno difficoltà a capire cosa sia sostenibile e dove si inserisce la bioeconomy. Obiettivo del progetto è proprio quello di informare gli utenti attraverso un dialogo continuo e attività di co-creation”, dichiara Veronica Meneghello, Project Manager di AllThings.BioPRO.
Tra i partner di AllThings.BioPRO c’è anche il museo Fashion for Good di Amsterdam, dedicato alla moda innovativa e sostenibile, che ha come fine educare sulla moda del futuro e sull’innovazione del settore. Attraverso le esposizioni, gli utenti hanno la possibilità di scoprire, per esempio, che è possibile creare un materiale simile alla seta partendo dalle bucce d’arancia, o che in futuro si potranno indossare scarpe di “pelle” realizzate con le bucce di mela.