Un team di ricercatori dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR definisce il potenziale per il ritrovamento di giacimenti di litio nel territorio italiano.
Il contesto geologico italiano non è dei più favorevoli per i giacimenti di litio convenzionali (pegmatiti e salars), anche se alcuni casi in Sardegna, Calabria e nell’arco alpino meriterebbero un approfondimento. È presente, inoltre, un alto potenziale per risorse litinifere non convenzionali in fluidi profondi utilizzabili in modo sostenibile e con basso impatto ambientale.
Un’accurata revisione dei dati geologici, mineralogici e geochimici disponibili sul territorio nazionale ha permesso di individuare due aree principali ad alto potenziale:
- la fascia vulcanico-geotermica peritirrenica (Toscana-Lazio-Campania), dove in passato sono stati intercettati fluidi geotermici con concentrazioni di litio fino a 480 mg/l;
- la fascia al fronte della catena appeninica (da Alessandria fino a Pescara) dove sono presenti manifestazioni termali, con contenuti in litio fino a 370 mg/l, associati spazialmente a giacimenti di idrocarburi.
Questi valori sono tra i più alti riscontrati nei fluidi profondi del pianeta e permetterebbero l’estrazione del metallo con la tecnica “Direct Lithium Extraction”.
Va ancora compresa l’origine del litio e va definito un modello concettuale geologico-petrologico-geochimico che consenta di indirizzare l’esplorazione industriale di questa nuova risorsa.
Paesi come Francia, Germania, Usa e UK stanno già valutando georisorse simili nell’ambito delle rispettive strategie nazionali per la transizione energetica; è quindi auspicabile che anche in Italia si inneschi una sinergia tra enti di ricerca, università e industria per conoscere questa georisorsa, per valutarne il potenziale industriale e per affinare le tecniche di estrazione del metallo dal fluido.