Utilitalia ha di recente presentato i risultati dell’indagine “Il riutilizzo delle acque reflue in Italia”. Dal campione analizzato (circa 21 milioni di abitanti serviti) è emerso che sono già esistenti e funzionanti 79 impianti per la produzione di acque di riuso con una potenzialità complessiva pari a 1,3 milioni di metri cubi al giorno (475 mln di mc/anno).
Di contro, l’uso diretto per l’irrigazione attraverso reti dedicate è ancora piuttosto scarso: di questi 79 impianti, solo 16 sono dotati di una specifica rete di trasporto e distribuzione dell’acqua affinata.
L’utilizzo agricolo indiretto, quello che si avvale per lo più di preesistenti canali irrigui, rimane la pratica più diffusa. Oltretutto sono 23 le installazioni per le quali non è ancora definita una specifica utilizzazione finale, a dimostrazione delle incertezze e dei dubbi che ancora sono presenti a livello di utilizzatori finali potenziali.
Altri 24 impianti sono programmati e su ulteriori 40 sono in corso studi di fattibilità.
In un arco di breve-medio periodo, è dunque legittimo attendere quasi un raddoppio (da 79 a 143) delle installazioni operative; considerando, inoltre, che in Italia sono attivi 18.140 impianti di depurazione, di cui 7.781 dotati di un trattamento secondario/avanzato che si potrebbero potenziare e rendere idonei alla produzione di acqua affinata per il riuso, si comprende che il potenziale sviluppo di questo settore è enorme.
“Il nostro Paese – spiega Alessandro Russo, vicepresidente di Utilitalia – ha depuratori di ottima qualità da cui fuoriescono circa 9 miliardi di mc/anno di acqua. Si tratta di una grande opportunità che, soprattutto in periodi siccitosi come quello che stiamo attraversando, potrebbe sostenere in maniera importante i vari usi dell’acqua ed in particolare quello del comparto agricolo. Bisogna però valutare attentamente le singole iniziative considerandone i benefici e i costi, nonché superare i problemi relativi alla governance, alla mancanza di fondi dedicati a infrastrutture che favoriscano soluzioni orientate al riuso e alla corretta attribuzione delle responsabilità. L’indirizzo su come ripartire i costi di affinamento, stoccaggio e del trasporto spetta al decisore politico ma è innegabile che i margini di crescita siano evidenti, anche se resta fondamentale il miglioramento delle infrastrutture a servizio dei diversi usi”.