Nell’ambito del riutilizzo sostenibile degli scarti alimentari, sono stati di recente pubblicati due differenti studi scientifici.
Il primo, a cura dei ricercatori dell’Università statale dell’Oregon (Usa), ha dimostrato come gli scarti della lavorazione delle mele nel processo di realizzazione dei succhi possano essere impiegati per dar vita a un innovativo packaging alimentare.
Solitamente questi scarti, che rappresentano il 25-30% del prodotto, sono riutilizzati come compost o mangime per animali perché considerati troppo permeabili all’acqua per l’impiego a contatto diretto con cibi e bevande, ma i ricercatori hanno messo a punto una tecnica che sembra risolvere questo problema. Il procedimento consiste nell’incorporare polimeri e composti con caratteristiche volte a migliorare la resistenza all’acqua, come la lignina, il chitosano e piccole dosi di glicerolo, e applicare rivestimenti super idrofobici alla superficie del prodotto.
Considerata l’esplosione del mercato degli imballaggi sostenibili, i ricercatori hanno rapidamente brevettato sia il metodo sia il prodotto ottenuto, così che questo possa essere impiegato dalle aziende che decidono di adottare un packaging riciclabile.
Il secondo studio, portato avanti dai ricercatori del Politecnico Federale di Losanna e dell’Istituto di ingegneria dei sistemi dell’Università delle scienze applicate della Svizzera occidentale di Valais, si concentra sempre sul riuso intelligente di materiale organico ma produce un risultato completamente diverso.
Gli studiosi, infatti, hanno trovato il modo per sottoporre gli scarti (in questo caso della banana) a una reazione rapida di riscaldamento con lampade allo xeno (fotopirolisi); l’esito finale è la produzione di prezioso syngas (una miscela di gas che contiene monossido di carbonio, idrogeno e metano) da usare come fonte di energia, e di un materiale organico chiamato biochar composto da carbonio poroso che, a sua volta, può essere bruciato, o usato come fertilizzante.
Da 1 kg di biomassa secca da bucce di banana si ottengono 100 litri di idrogeno e 330 gr di biochar e vengono, inoltre, generati monossido di carbonio e alcuni idrocarburi leggeri; tutto questo fornisce complessivamente una produzione netta di energia (tenendo conto anche di quella necessaria per indurre le reazioni) di 4,09 megajoule.
A rendere il metodo ancora più promettente, c’è il fatto che è stato sperimentato con successo anche con altri materiali, come gli scarti del mais e del caffè, le bucce di arancia e i gusci delle noci di cocco essiccati e macinati.