L’International Energy Agency ha dichiarato che, oggi, nel mondo circa 230 milioni di tonnellate di emissioni di CO₂ sono reimpiegate in maniera sostenibile.
L’industria che ne consuma di più è quella dei fertilizzanti, con circa 130 Mt di CO₂ impiegati nella produzione di urea; al secondo posto si posiziona l’oil&gas, con un consumo di 70-80 Mt per il recupero potenziato del petrolio.
Altre applicazioni commerciali includono la produzione di alimenti e bevande, la fabbricazione di metalli, l’impiego nella refrigerazione, negli estintori e persino per stimolare la crescita delle piante nelle serre.
La maggior parte dei percorsi di conversione attualmente in atto sono ancora ad alta intensità energetica e si trovano in una fase iniziale, ma, nonostante ciò, è sempre maggiore l’interesse mostrato da parte di governi, industria e investitori verso il settore.
La ricerca punta a trovare metodologie per riconvertire in modo green l’anidride carbonica, oltre a cercare di sviluppare metodi per la cattura e il sequestro (CCS).
Uno di questi è lo scopo del progetto europeo CO₂OLHEAT, nato per recuperare il calore inutilizzato nelle industrie e trasformarlo in energia elettrica attraverso tecnologie innovative basate sulla CO₂ supercritica (sCO₂).
Il progetto rappresenta un significativo esempio di quanto interesse ci sia nello sfruttamento “buono” del diossido di carbonio, che spazia dalla produzione di carburanti ai materiali da costruzione. Questo interesse si riflette in un crescente sostegno da parte degli investitori sotto forma di finanziamenti alle startup.
Secondo l’analisi della Global Initiative CO₂ dell’Università statunitense del Michigan, tale comparto di ricerca e sviluppo, se adeguatamente stimolato, potrebbe avere il potenziale sufficiente a ridurre le emissioni mondiali di CO₂ di oltre il 10%.
Attualmente, la maggior parte delle applicazioni commerciali vede l’uso diretto di anidride carbonica, non alterata chimicamente; tutto cambia, però, quando la si usa per essere trasformata in combustibili, prodotti chimici e materiali da costruzione.
Proprio nei materiali da costruzione, l’impiego dell’anidride carbonica può essere basato su fattori puramente commerciali, poiché fornisce un prodotto con prestazioni superiori e costi inferiori rispetto ai materiali da costruzione prodotti in modo convenzionale.
A questo proposito la società canadese “Carbicrete” ha sviluppato un metodo per sequestrare il carbonio nel calcestruzzo, sostenendo che il suo prodotto cattura più carbonio di quanto ne emetta.
La tecnologia elimina la necessità di cemento a base di calcio, un ingrediente chiave nel calcestruzzo tradizionale che è responsabile di circa l’8% di tutte le emissioni globali di CO₂. Invece del cemento, il sistema di Carbicrete combina scorie di scarto dell’industria siderurgica più il carbonio catturato dagli impianti industriali, altrimenti emesso in atmosfera, attraverso un processo noto come carbonatazione minerale.
Altra società canadese ha messo a punto una tecnologia per l’industria del calcestruzzo è la “CarbonCure”: questa introduce CO₂ riciclata nel calcestruzzo fresco per ridurre la sua carbon footprint senza compromettere le prestazioni.