La startup “Ricehouse” ha avviato un progetto che ha come scopo quello di riciclare gli scarti del riso e riutilizzarli come materiali per la costruzione di edifici sostenibili. L’attività, all’apparenza molto innovativa, risale in realtà a tempi antichi, quando le cascine piemontesi si costruivano proprio utilizzando questa tecnica.
I rifiuti della coltivazione di riso hanno potenzialità enormi. Ogni ettaro, infatti, produce, mediamente, 7 tonnellate di riso e 10 tonnellate di rifiuti, innanzitutto paglia, che di solito i contadini bruciano producendo danni collaterali, e poi lolla (la pelle del chicco) e pula.
L’Italia, inoltre, è il primo Paese produttore di riso in Europa e, di conseguenza, è anche il primo produttore di rifiuti del riso.
Gli avanzi del riso, quindi, possono essere sfruttati per dar vita a delle vere e proprie case.
I vantaggi sono numerosi: hanno un valore estetico molto significativo, sono materiali del tutto naturali, che non hanno alcuna controindicazione in termini di effetti ambientali e, anzi, una volta riciclati riducono le emissioni nocive e, infine, hanno qualità termiche molto elevate e sono in grado di abbattere i consumi energetici. Questi materiali, infatti, riescono a proteggere bene dal freddo durante l’inverno e allo stesso tempo isolano in estate, creando una sorta di raffreddamento naturale.
Le case di riso, infine, sono costruite posando i materiali in modo classico, senza alcun metodo particolare e senza sforzi aggiuntivi.
La spinta innovativa del progetto Ricehouse, i cui materiali al momento sono utilizzati in un centinaio di cantieri, ha attirato diversi fondi di investimento, tanto che l’azienda Riso Gallo è entrata nell’azionariato della società, con l’idea che i rifiuti del suo riso invece di essere un costo per lo smaltimento possano diventare una risorsa per costruire le case di riso firmate Ricehouse.