Il settore del lusso ha oramai sposato la causa della sostenibilità e la pandemia ha accelerato il fenomeno. Sarà perchè sono i consumatori a richiederlo, ma resta il fatto che le case di moda seguono sempre più percorsi che vanno nella direzione di una maggiore tutale dell’ambiente, sotto tutti i punti di vista: dalle materie prime ecologiche al design che massimizzi il riciclo post consumo, dai processi produttivi a basso impatto ambientale, all’uso di eco-packaging, e molto altro. Ed è soprattutto la generazione Z che premia i marchi del lusso più attenti nei confronti dell’ambiente e anche della società.
È quanto emerge dal report “LuxCo2030: A Vision of Sustainable Luxury”, pubblicato da Bain & Company in collaborazione con Positive Luxury. La ricerca ipotizza quali caratteristiche che deve avere una LuxCo nel 2030, individuando cinque capisaldi su cui concentrare le strategie aziendali: la ridefinizione del purpose del brand, il disaccoppiamento della crescita dai volumi, la tracciabilità della supply chain, la massimizzazione dei commitment ambientali e sociali, la creazione di valore economico dalla sostenibilità.
I marchi del lusso hanno ben compreso la crescente aspettativa dei consumatori e se voglio mantenere redditizio il proprio business non devono perdere tempo e concretizzare le dichiarazioni d’intenti che in molti hanno fatto, anche se con obiettivi a lungo termine. Nei prossimi anni vedremo se le griffe del lusso riusciranno a mantenere gli impegni presi. Il percorso da intraprendere è preciso e prevede radicali cambiamenti di cultura aziendale, e non basteranno restyling di prodotto. Il lusso dovrà essere associato al “bello e buono” e non più solo ad “artigianalità ed esclusività”. Le case di moda devono interiorizzare la sostenibilità, anche perché nel post pandemia è proprio la sostenibilità uno tra i principali driver per uscire dalla complessa situazione attuale, che ha visto perdite consistenti di fatturato per quasi tutti i brand del lusso.
Come già detto la pandemia ha accelerato la corsa alla sostenibilità, spronata dai consumatori alla ricerca di prodotti più durevoli e di maggiore qualità. E questo cambiamento di prospettiva rappresenta una vera e propria rivoluzione strutturale, che sta portando anche verso il segmento del second-hand e del noleggio di capi e accessori di lusso per determinate occasioni. Nuovi modelli di business, quindi, sostenibili anche dal punto di vista economico, che porteranno le LuxCo del prossimo futuro a offrire al cliente più opzioni di vendita. Il rapporto “LuxCo2030” sostiene che nel 2030, i marchi di successo potrebbero vedere una quota di mercato del second-hand anche pari al 20% del fatturato, con un incremento del margine di profitto del singolo prodotto del 40%, mentre il noleggio potrebbe arrivare a pesare il 10% del fatturato.
In questo scenario, appare fondamentale il supporto dell’intelligenza artificiale per gestire al meglio ordini, fornitori e magazzino.
Imprescindibile sarà comunque il concetto di inclusività, ossia un approccio che preveda e coinvolga consumatori, dipendenti, fornitori, comunità e tutte le aree aziendali. Solo così i brand del lusso riusciranno trasformare in azioni concrete le loro dichiarazioni di intenti, così che queste si traducano in un vero e proprio cambiamento oltre che in un ritorno economico.