A 50 giorni dall’inizio del vertice COP26, Epson ha annunciato i risultati del suo “Climate Reality Barometer”, il Barometro sulla realtà climatica.
Il sondaggio, al quale hanno partecipato 15.264 persone da 15 diversi Paesi, raccoglie esperienze e percezioni globali sui cambiamenti climatici e si pone l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema, influenzare le decisioni aziendali importanti e informare meglio i decisori.
La ricerca ha posto alla luce un divario potenzialmente pericoloso tra la realtà climatica e la comprensione dei suoi effetti catastrofici.
Quando sono state poste domande sulla capacità del genere umano di evitare una crisi climatica nel corso della loro vita, quasi la metà degli intervistati (46%) ha affermato di essere “molto” o “abbastanza” ottimista; tale dato supera in modo significativo il 27% di coloro che si dichiarano molto o abbastanza pessimisti.
Il quadro europeo (Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito) suggerisce una visione maggiormente equilibrata: in Europa l’ottimismo generale sulla capacità di evitare una crisi climatica scende al 39%, rispetto al pessimismo che sale al 33%.
Mentre i francesi sono i più ottimisti (42%) e gli spagnoli si rivelano i più pessimisti (39%), il 38,8% degli italiani si dichiara ottimista contro un 34,1% che afferma di essere pessimista.
Nel complesso, i motivi più comuni a sostegno di questo ottimismo sono la crescente consapevolezza dell’opinione pubblica sui cambiamenti climatici (32%), la capacità della scienza e della tecnologia di fornire soluzioni (28%) e la transizione verso le energie rinnovabili (19%).
In termini globali, il 5% degli intervistati ritiene che non vi sia affatto un’emergenza climatica, con la Germania (7%) e il Regno Unito (6%) in cima all’elenco dei negazionisti climatici europei.
Per quanto riguarda l’Italia, gli ottimisti sono guidati soprattutto dalla convinzione che le persone sono più consapevoli dei pericoli del cambiamento climatico (32,9%) e che scienza e tecnologia permetteranno di risolvere i problemi (26,9%) oltre che dalla ricaduta positiva che avrà la riduzione nell’uso di combustibili fossili come il carbone a favore di fonti rinnovabili come l’energia eolica (23,3%).
I pessimisti, invece, sono guidati principalmente dalla convinzione che le persone non sono consapevoli dei pericoli del cambiamento climatico (52,2%), dalla sensazione che c’è una mancanza di azioni da parte del governo (23,1%) e dall’idea che il passaggio a fonti di energia rinnovabile non sarà abbastanza veloce (14,8%).
L’IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) indica che ci vorranno millenni per invertire alcuni cambiamenti climatici causati dall’uomo e, data una serie di eventi, i risultati del Barometer suggeriscono un trionfo dell’ottimismo in rapporto alle evidenze e un pericoloso divario rispetto alla reale situazione climatica.
Il Barometer suggerisce che l’ottimismo può essere il risultato di un’incapacità di riconoscere i cambiamenti climatici e, pertanto, di comprenderne la portata.
Oltre tre quarti degli intervistati (77%) vedono un collegamento tra i cambiamenti climatici e l’aumento delle temperature globali, le condizioni meteorologiche estreme (74%) e gli incendi boschivi (73%). Al contrario, la consapevolezza scende a poco più della metà per eventi come le carestie (57%), le migrazioni di massa (55%) e le epidemie di insetti (51%).
In Europa il clima nazionale sembra essere rilevante, con la Germania che fa registrare il 73% di consapevolezza delle temperature più elevate, mentre questo dato sale all’84% in Italia.
Molti ritengono che la responsabilità di affrontare l’emergenza ricada su stati e industrie.
Tra gli intervistati, più di uno su quattro (27%) identifica i governi e il 18% le aziende come “più responsabili”, mentre quasi il 18% riconosce la responsabilità personale.
Un dato incoraggiante è che il maggior numero di intervistati identifica la responsabilità come collettiva (31%).
In Italia il Barometer mostra che i principali tre eventi maggiormente associati al cambiamento climatico sono le temperature più alte (83,8%), la riduzione delle calotte glaciali (81,1%) e la maggiore siccità (80,8%); i meno riconosciuti sono invece le migrazioni di massa (49,8%), le epidemie di insetti (51,7%) e le carestie (55,8%).
Anche se diverse persone sono disposte a modificare il proprio stile di vita per affrontare la crisi, alcune non prendono l’iniziativa.
Il Barometer, infatti, mostra che: il 65% del campione si dice d’accordo a ridurre i viaggi di lavoro e di piacere, ma solo il 40% lo ha realmente fatto; il 68% concorda sul passaggio ai veicoli elettrici, ma solo il 16% lo ha fatto; il 58% si mostra favorevole all’adozione di una dieta vegetariana, ma solo il 27% la ha realmente adottata.
Il Climate Reality Barometer, inoltre, suggerisce che, per molti, la crisi climatica rimane qualcosa che non li interessa direttamente. Poichè il sondaggio rivela che solo il 14% degli intervistati riconosce le maggiori responsabilità di affrontare l’emergenza climatica da parte delle grandi aziende e solo il 3% pensa siano invece delle piccole imprese (meno del 5% dei negazionisti dei cambiamenti climatici), suggerisce anche che tutte le aziende, a prescindere dalle dimensioni, devono iniziare a svolgere un ruolo maggiormente importante.
Le aziende, infatti, hanno la possibilità di offrire alle altre imprese e ai consumatori soluzioni sostenibili a supporto delle innovazioni e possono fare una grande differenza promuovendo e dimostrando responsabilità in merito al clima.
Epson, per esempio, si è prefissata l’obiettivo di passare al 100% di elettricità rinnovabile e si è impegnata in iniziative come il progetto RE100 per le energie rinnovabili. Inoltre, ha lavorato per chiudere il “ciclo di risorse” promuovendo il ricondizionamento e il riutilizzo dei prodotti e ha sottoscritto partnership ad alto impatto, come quella il con National Geographic per proteggere il permafrost.
Per quanto riguarda i dati geografici, in Europa è la Spagna che pone la massima enfasi sulla responsabilità del governo (31%), mentre il Regno Unito registra il dato più basso per la responsabilità aziendale (16%) e la Germania il più elevato (27%).
Gli intervistati francesi riportano il più alto senso di responsabilità personale (23%), mentre il più basso è stato registrato in Germania (11%). Il Regno Unito si posiziona al primo posto nella classifica europea di chi crede nella responsabilità collettiva (34%), mentre l’Italia si trova all’ultimo posto (23,6%).