Lo spazio che circonda il pianeta Terra, da ormai mezzo secolo, ospita oggetti scagliati in orbita in numero sempre crescente.
Si tratta di detriti velocissimi quali stadi di propulsione esauriti, bulloni, scaglie di pittura vaganti, scorie di razzi a propellente solido, satelliti morti o morenti e rottami provenienti dai test di sistemi anti-satellite.
L’affollamento dell’orbita bassa e’ ormai sul punto di diventare eccessivo e, di conseguenza, estremamente pericoloso in quanto ciascuno di questi detriti e’ in grado di danneggiare o distruggere altri veicoli spaziali.
Il problema, inoltre, continuera’ ad aggravarsi con l’arrivo di “mega-costellazioni” di satelliti che prevedono migliaia di oggetti orbitanti; un esempio e’ “SpaceX Starlink”, una rete internet a banda larga, oppure la mega-costellazione di un’azienda denominata “One Web”, o il progetto “Kuiper”, che Amazon intende realizzare nel prossimo futuro, con una mega-costellazione composta da 3200 satelliti.
Questa crescente congestione spaziale ha una ricaduta anche sull’aumento dei casi di collisioni tra oggetti orbitanti; la Stazione spaziale internazionale, a questo proposito, e’ regolarmente costretta ad aggiustare la propria orbita per evitare rottami potenzialmente dannosi.
Ogni collisione, inoltre, genera altri minacciosi rifiuti.
Oggi, quindi, trovare una soluzione per la rimozione di questi rifiuti spaziali dovrebbe essere una priorita’: con l’aumentare dei rifiuti spaziali, infatti, potrebbe prodursi un ciclo autoalimentato di collisioni che genererebbero, a loro volta, altri rottami, rendendo l’orbita terrestre troppo pericolosa per qualsiasi attivita’ spaziale.
Sono numerose le soluzioni avanzate in questi anni: reti, laser, raggi, arpioni, soffi d’aria, vele solari, palle di schiuma giganti, cavi d’ormeggio e bracci o tentacoli robotici.
L’ultima iniziativa in questo senso e’ la missione ELSA-d (End-of-Life Services of Astroscale Demonstration), composta da due satelliti: uno e’ il satellite “di servizio”, progettato per rimuovere in sicurezza detriti dall’orbita, e l’altro è il satellite “cliente”, che rappresenta anche l’oggetto di interesse.
Insieme costituiscono un sistema magnetico in grado di catturare gli oggetti in orbita stabile, ma anche quelli in moto erratico, sia per rimuoverli sia per sottoporli a manutenzione in orbita.
Dopo una serie di test, si prevede che i due satelliti lascino l’orbita insieme, disintegrandosi in un tuffo infuocato nell’atmosfera terrestre. Qualora quest’esperimento dovesse funzionare, non rappresenterebbe comunque una soluzione definitiva al problema.