Alcuni ricercatori del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra, dell’Universita’ di Milano-Bicocca, hanno condotto uno studio sui rischi ambientali legati allo smaltimento non corretto dei dispositivi di protezione individuale.
La ricerca approfondisce il meccanismo di degradazione foto-ossidativa delle fibre di polipropilene presenti nei tre strati delle mascherine chirurgiche, evidenziando come queste rilascino fino a 173.000 microfibre nell’ambiente marino, ogni giorno.
I dispositivi sono stati sottoposti a esperimenti di invecchiamento artificiale, volti a simulare cio’ che avviene nell’ambiente nel momento in cui una mascherina abbandonata comincia a degradarsi a causa dell’esposizione agli agenti atmosferici e alla radiazione solare.
Possono passare intere settimane prima che il materiale arrivi nei mari, dove viene sottoposto a stress meccanici prolungati indotti dal moto ondoso, che implicano un maggior rilascio di microfibre.
I test hanno evidenziato come una singola mascherina, esposta alla luce UV-A per 180 ore, possa rilasciare centinaia di migliaia di particelle del diametro di poche decine di micron.
I rischi, quindi, sono pari a quelli delle altre microplastiche, con possibili danni da ostruzione in seguito a ingestione, per le specie marine, e con effetti tossici dovuti ai contaminanti chimici e biologici.
Preoccupante, per i ricercatori, e’ anche la presenza di frazioni sub-micrometriche, potenzialmente capaci di attraversare le barriere biologiche.
Lo studio, volto ad approfondire questa problematica, e’ stato realizzato con l’auspicio di sensibilizzare la cittadinanza verso un corretto conferimento delle mascherine a fine utilizzo e con la volonta’ di promuovere l’implementazione di tecnologie piu’ sostenibili.