Il rabarbaro solitamente utilizzato per cucinare potrebbe avere anche un altro ruolo. Un consorzio a guida italiana ritiene che potrebbe essere un fattore chiave nella produzione di batterie organiche. Nell’ambito del progetto europeo Greenernet è stata sviluppata una batteria da 2,5 kW/10 kWh a partire dai chinoni, ovvero molecole prodotte durante la fotosintesi in piante come il rabarbaro, e ne sono state testate con successo quattro in un sistema a rete.
“Si tratta di una batteria a flusso semi-organica – spiega Adele Vitale, responsabile del progetto – che crea meno inquinamento degli accumulatori standard litio-ferro-fosfato. I chinoni si trovano in varie piante e sono un modo naturale che esse possiedono per accumulare energia. Noi usiamo piante come il rabarbaro per creare una soluzione ricca di elettroliti, le molecole che accumulano le cariche elettriche”.
La batteria Greenernet è più economica da produrre rispetto agli accumulatori litio-fosfato ad oggi commercializzati, e venduti a circa 470 euro/kWh. Inoltre, ha dei costi di manutenzione più bassi quando viene usata in un sistema a rete, può essere usata in maniera modulare e ha una durata maggiore. Le qualità del rabarbaro erano già state testate anni fa presso l’Università di Harward nell’ambito di un precedente progetto, che aveva portato allo sviluppo di un primo prototipo da 1kW, sfruttando l’utilizzo dei chinoni: impiegare grandi quantità di chinoni nelle batterie, al posto di metalli tossici, è molto meglio per l’ambiente.
Durante il progetto Greenernet, è stata invece sviluppata una batteria più potente da 10 kW e un sistema di gestione dell’accumulatore per collegare assieme le batterie, rendendo possibile lo stoccaggio dell’energia, e tenendo conto dei cicli di carica e scarica delle batterie per ottimizzare l’intero sistema.
“Il sistema di batterie potrebbe essere usato in molti scenari – afferma Vitale – incluso per alimentare centrali per i veicoli elettrici, con il potenziale di ridurre il costo connesso al funzionamento di un’automobile elettrica. Il sistema da noi realizzato potrebbe essere anche utilizzato per fornire parte dell’energia nelle abitazioni quando l’elettricità prodotta da altre fonti è costosa”.
I partner non hanno ancora commercializzato il sistema, ma hanno venduto due unità precommerciali a importanti aziende di servizi pubblici. Questo li ha aiutati a far aumentare i ricavi e prevedono che il consorzio raggiungerà l’obiettivo in termini di entrate che si è posto, pari a 70 milioni di euro, entro l’inizio del 2020. Allo scopo è stato aperto un sito di produzione a Rovereto.