L’agricoltura, l’allevamento, la silvicoltura e le città generano costantemente rifiuti organici, il cui volume è in crescita: si prevede, infatti, che nei prossimi decenni la produzione globale raggiungerà i 3,4 miliardi di tonnellate.
Oltre ai significativi problemi ambientali, il loro non trattamento si traduce anche in perdita economica per il non sfruttamento delle loro potenzialità.
I rifiuti organici potrebbero essere riciclati in fertilizzanti organo-minerali, ma i metodi esistenti sono insostenibili, inefficienti e spesso utilizzano sostanze chimiche dannose, che hanno a loro volta un impatto ambientale.
Il progetto europeo BTSys ha elaborato un sistema di trattamento e riciclaggio dei rifiuti organici industriali che produce un fertilizzante sostenibile ed efficace. Il processo ad anello chiuso ricicla completamente i macronutrienti e il carbonio, trasformando i rifiuti in un fertilizzante organo-minerale senza alcun danno o contaminazione ambientale.
Poiché il fertilizzante contiene il 40-50 percento di sostanza organica, lavora per migliorare la struttura del suolo, ottenendo ulteriori benefici nel ciclo di crescita e nel raccolto successivi. Riciclando tutta la sostanza organica si emette nell’atmosfera fra il 40 e il 60 percento in meno di carbonio rispetto al compostaggio.
“Possiamo ipotizzare un guadagno medio, in termini di efficienza – spiega Pedro Forjaz Carreiro di Agristarbio – di 2,5 volte rispetto ai fertilizzanti in commercio”.
Ma come funziona il sistema? I rifiuti organici vengono immessi nel reattore BTSys ideato dalla portoghese Agristarbio, nel quale vengono poi trattati con reagenti chimici, che ne bilanciano i livelli di azoto, fosforo e potassio. Un essiccatore industriale a palette riduce quindi il contenuto di umidità del fertilizzante. Nella fase finale, un granulatore ad alta efficienza trasforma il fertilizzante in granuli, ossia nella forma in cui viene venduta la maggior parte dei fertilizzanti.
Non vengono rilasciate emissioni nell’atmosfera né vengono generati agenti inquinanti a livello locale. Il trattamento della sostanza organica rilascia anche aminoacidi, zuccheri e altri componenti nel fertilizzante, che a sua volta promuovono la microbiologia del suolo.
“Il contenuto di sostanza organica e la ricchezza di aminoacidi, zuccheri e micronutrienti – osserva Forjaz Carreiro – contribuiscono in modo significativo a migliorare la salute del suolo. Inoltre, con questa tecnologia si potrebbe introdurre nell’eco-sistema fino a quattro volte meno azoto”.
Un uso più efficiente delle sostanze nutritive, quindi, si traduce in un’agricoltura più sostenibile e meno dispendiosa in termini di risorse, oltre che meno inquinante per quanto riguarda l’acqua.
Il sistema, inoltre, grazie alla maggiore efficienza dell’uso del fosforo contribuisce anche a ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni, di cui oltre il 90 percento proviene da regioni con catene di approvvigionamento fragili.
La natura circolare del processo consente quindi all’Europa di diventare più autosufficiente, riducendo al contempo i costi di trasporto.
“Il sistema permette un modello di economia circolare – conclude Forjaz Carreiro – in cui le aziende agroalimentari possono risolvere i problemi legati ai biorifiuti prodotti e fertilizzare le colture con fertilizzanti prodotti internamente”.