La Fondazione Utilitatis e l’ISTAT hanno pubblicato il Blue Book 2019, la monografia completa dei dati del Servizio Idrico Integrato.
Dal quadro emerge un aumento del 24 percento di investimenti realizzati rispetto al 2012, ma resta evidente il gap infrastrutturale tra Nord e Sud Italia.
Con il trasferimento delle competenze di regolazione e controllo all’Autorita’ di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), gli investimenti realizzati hanno registrato una crescita costante arrivando a 38,7 euro ad abitante nel 2017, con un aumento del 24 percento negli ultimi 7 anni.
Si tratta di un incremento che sembra destinato a perdurare sia per la stabilita’ della disciplina tariffaria, che ha consolidato la fiducia del sistema finanziario nei confronti del settore, sia per l’introduzione della disciplina sulla qualita’ tecnica.
L’impatto della regolazione sulla qualita’ tecnica ha fatto registrare una crescita della programmazione degli investimenti del 24,6 percento per il biennio in corso (2018-2019); in questo contesto gli investimenti pro capite realizzati nell’ultimo biennio si possono stimare in 44,6 euro/ab, dal momento che il tasso di realizzazione medio degli interventi programmati e’ stato nel 2017 di circa l’87 percento.
Nel 2018 in Italia la spesa media mensile familiare per consumi di beni e servizi e’ di 2.571 euro/mense: per la fornitura di acqua nell’abitazione ogni famiglia ha speso in media 14,65 euro (14,69 nel 2017).
I livelli medi di spesa piu’ elevati si registrano nel Sud (16,87 euro) e nel Centro (16,43); valori inferiori alla media si riscontrano invece nel Nord (12,41).
Confrontando la spesa media mensile familiare per la fornitura d’acqua con quella di altri servizi utilizzati (canone tv, rifiuti, telefonia, energia e gas) si osserva che questa ha un’incidenza contenuta e rappresenta solo il 3,4 percento del totale.
Il Bonus Idrico 2019, ovvero la misura minima prevista introdotta dal 2018 in aiuto alle utenze in disagio economico e sociale, e’ stato stimato per un’utenza di tre componenti mediamente di circa 30 euro/anno.
Il tema della difficolta’ nel sostenimento della spesa e’ molto sentito sia dalle utenze (il 4,6 percento delle famiglie ha dichiarato arretrati nel pagamento delle bollette) sia dai gestori che, specialmente nelle zone meridionali, devono far fronte a mancati incassi del 14 percento.
Nel 2018 la percezione della qualita’ del servizio idrico risulta elevata: le famiglie che sono allacciate alla rete idrica comunale (96 percento del totale), nell’84,6 percento dei casi, si ritengono molto o abbastanza soddisfatte.
Le percentuali variano sensibilmente sul territorio: nel Nord le famiglie molto o abbastanza soddisfatte sono il 91,9 percento, nel Centro e nel Sud tale quota diminuisce di circa dieci punti, mentre nelle Isole scende al 67,0 percento.
Restano comunque elementi di criticita’ rispetto allo stato delle infrastrutture, dovute in prevalenza all’obsolescenza delle reti e degli impianti: le perdite di rete stimate nel 2016 sono superiori al 42 percento, mentre il 60 percento delle infrastrutture e’ stato messo in posa oltre 30 anni fa (70 percento nei grandi centri urbani); il 25 percento di queste supera i 50 anni (arrivando al 40 percento nei grandi centri urbani).
L’incremento di investimento pro capite previsto per il biennio 2018-2019 per la riduzione delle dispersioni idriche imposto dalla disciplina ARERA e’ di 6 euro/ab, mentre per il miglioramento delle acque di scarico e’ richiesto uno sforzo aggiuntivo di 7,2 euro/ab.
A tutto cio’, si collega il fabbisogno di investimenti sulla “depurazione delle acque reflue”: circa l’11 percento dei cittadini, infatti, non e’ ancora raggiunto dal servizio di depurazione.
La maggior parte di questi agglomerati sono concentrati nel Sud e nelle Isole e si trovano in territori gestiti direttamente dagli enti locali e non attraverso affidamenti a gestori industriali.
La conseguenza si ritrova nelle sanzioni europee comminate all’Italia, colpevole di ritardi nell’applicazione delle regole sul trattamento delle acque reflue.
Da questo punto di vista va segnalata una positiva evoluzione: gli agglomerati relativi alla prima procedura di infrazione (2004/2034), per la quale la Corte di Giustizia ha gia’ irrogato una multa, si sono ridotti da 109 a 74; mentre per la seconda infrazione giunta a sentenza (2009/2034) sono stati sanati 27 siti irregolari su 41; in miglioramento anche la situazione che riguarda il parere motivato (2059/2014), che ha visto passare il numero degli agglomerati in infrazione da 879 a 620.
Alle tre procedure si e’ recentemente aggiunta una quarta (2017/2181), ancora all’inizio dell’iter procedurale: la Commissione Europea ha inviato una lettera di costituzione in mora con cui richiede informazioni in merito a ulteriori 276 agglomerati.
Sul versante degli affidamenti, il processo risulta ancora non concluso, specialmente con riferimento al Sud: 13 bacini scontano situazioni di mancato/incompleto affidamento e, tali casi, si concentrano nel Mezzogiorno (6 dei 9 ambiti siciliani, 4 dei cinque bacini campani, l’ambito regionale del Molise e l’ambito regionale della Calabria) e in una Regione del Nord (Valle d’Aosta).