L’EEA Preventing plastic waste in Europe, prendendo in esame 37 programmi nazionali e regionali di prevenzione dei rifiuti adottati entro la fine del 2018, ha stilato una relazione che mette in luce come il percorso per la lotta alla plastica sia ancora lungo.
I funzionari europei vagliano nel documento il quadro della produzione e consumo di plastica, del suo trattamento, elargiscono menzioni d’onore ai Paesi piu’ attivi e alle pratiche piu’ virtuose, bacchettando chi non ha ancora colto l’importanza della sfida ambientale, economica e sanitaria.
A preoccupare e’ il fatto che la richiesta di prodotti in plastica e’ in aumento in tutto il mondo e, in particolare, nel nostro continente: nel 2017 la domanda in Europa ha raggiunto 52 milioni di tonnellate, circa il 15 percento di quella globale, cresciuta da 2 milioni di tonnellate del 1950 a oltre 400 mln di ton del 2015.
Un quantitativo cosi’ enorme e’ ovviamente difficile da gestire in modo responsabile, soprattutto se si considera che circa la meta’ delle materie plastiche prodotte nel periodo 1950-2015 e’ stata realizzata negli ultimi 13 anni.
I progressi in materia di riciclo, inoltre, sono davvero limitati: nel 2016 appena il 6 percento della domanda di plastica europea e’ stata soddisfatta con materie prime seconde.
In aggiunta, la produzione complessiva e’ cresciuta di 3 mln di ton rispetto al dato 2015, e tende ad aumentare ancora, a causa del basso costo della plastica e dei suoi innegabili vantaggi: la sua versatilita’ e durabilita’, infatti, la rendono efficace in un’ampia varieta’ di applicazioni.
Nel 2016, ogni abitante d’Europa ha smaltito 31,9 kg di rifiuti (+6 percento rispetto al 2007) e solo il 30 percento di quelli in plastica vengono raccolti per essere riciclati.
Il settore degli imballaggi e’ quello che utilizza la maggior parte della plastica prodotta, ed e’ il piu’ immediato e facile obiettivo delle strategie di riduzione dei rifiuti plastici. In questo senso l’Italia appartiene al piccolo gruppo di Paesi che ha diminuito la produzione di rifiuti da packaging (-6 percento) nel periodo 2007-2016.
Sono sette le nazioni piu’ virtuose, guidate dalla Grecia (-36 percento), mentre le economie dell’Europa orientale che guidano il gruppo dei meno attenti sono Finlandia, Germania, Austria e Svezia.
Un altro settore da tenere in considerazione e’ quello dell’edilizia, in cui la riduzione dell’utilizzo di plastica e’ piu’ difficile da attuare ma con un potenziale di risorse da riciclare, che va senz’altro esplorato.
Lo hanno fatto in Svezia a partire da uno studio sul riuso e dai circa 2,8 miliardi di euro investiti ogni anno nella ristrutturazione di uffici e negozi.
Il potenziale di prevenzione dei rifiuti proveniente da una ristrutturazione di un ufficio da 2.000 mq (ogni sedia riutilizzata evita di smaltire 8 kg di plastica e 6 kg di metallo; ogni finestra contiene in media il 5 percento di plastica) raggiungerebbe le 40 ton.
Un vantaggio anche in termini di emissioni ridotte e risparmio: meno 69 ton di CO2 e spese evitate per 200.000 euro.
A livello nazionale, questi dati varrebbero un potenziale di 25.000 ton di rifiuti in meno, con un risparmio di 126 mln di euro e 43.000 ton di CO2 emessa.
Gia’ nel 2016, tuttavia, un’altra indagine EEA (Preventing plastic waste in Europe) ha rivelato che i 28 Paesi membri piu’ Norvegia e Svizzera hanno raccolto 27,1 mln di ton di rifiuti di plastica per essere trattati attraverso i canali ufficiali.
Plastics Europe, inoltre, afferma che per la prima volta la mole di rifiuti di plastica riciclati e’ stata superiore a quella smaltita in discarica.
Delle 173 misure di prevenzione dei rifiuti identificate, il 61 percento e’ indirizzato a coprire la fase di produzione dei prodotti in plastica, il resto la fase di consumo; 37 sono quelle che intervengono sulle dinamiche di mercato, applicando costi di utilizzo sui sacchetti di plastica.