Per cogliere la sfida europea della Circular Economy (65 percento di riciclo effettivo e 10 percento in discarica al 2035 per i rifiuti urbani) occorrerà aumentare sensibilmente la raccolta differenziata (fino all’80 percento, considerato il tasso di resa rispetto ai rifiuti urbani intercettati) e la capacità di riciclo (+4 mln di ton) del nostro Paese, limitando il tasso di conferimento in discarica e innalzando al 25 percento la percentuale di valorizzazione energetica dei rifiuti al fine di chiudere il ciclo. Per non perdere questa opportunità di crescita in termini economici e di sostenibilità ambientale è ora di definire su scala nazionale una “strategia per la gestione rifiuti” di lungo periodo che indirizzi tutto il sistema pubblico e gli operatori privati nella stessa direzione. Necessari investimenti in impianti di riciclo, recupero e smaltimento per 10 mld di euro.
Sono questi i principali risultati emersi dal Rapporto “Per una Strategia Nazionale dei rifiuti”, di FISE Assoambiente (Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali e attività di bonifica).
La normativa europea individua nella Circular Economy e nel potenziamento delle attività di riciclo la strada per una crescita sostenibile, anche al fine di rispondere alla sempre più scarsa disponibilità di materie prime. Per rendere effettivo e completo un modello di economia circolare, è imprescindibile realizzare le condizioni per “chiudere il cerchio” della gestione rifiuti: aumentare riciclo e recupero energetico per minimizzare l’uso delle discariche.
In Italia si producono ogni anno 135 mln di ton di rifiuti speciali e circa 30 mln di rifiuti urbani, di cui avviamo a riciclo, rispettivamente, il 65 percento (92 mln di ton) e il 47 percento (15 mln di ton).
Per raggiungere gli obiettivi fissati al 2035 il nostro Paese dovrà muoversi lungo 4 direttrici:
– limitare l’import/export dei rifiuti da e per l’Italia, che movimenta ogni anno 9,5 mln di ton (circa 6 in entrata e 3,5 in uscita), ossia una diseconomia che, per carenza di impianti, produce una perdita di potenziale di materia ed energia;
– dotarsi di un sistema impiantistico adeguato al proprio fabbisogno, pianificando la realizzazione nei prossimi 16 anni di oltre 20 impianti per le principali filiere del riciclo, 22 digestori anaerobici per il riciclo della forsu, 24 termovalorizzazione, 53 discariche per gestire i flussi dei rifiuti urbani e speciali;
– bloccare il “turismo dei rifiuti” all’interno dei confini nazionali, con particolare riferimento agli urbani, movimentati da una Regione all’altra per carenza della necessaria impiantistica di smaltimento (soprattutto al Sud);
– riconsiderare la gestione delle discariche, facendo riferimento solo a impianti moderni e sostenibili cui destinare esclusivamente le frazioni residuali opportunamente trattate. Oggi la capacità residua ha un’autonomia limitata. Tra circa 2 anni sarà esaurita la capienza delle discariche del Nord del Paese, tra meno di 1 anno stesso destino toccherà al Centro, mentre diverse aree del Sud sono già oggi in emergenza.