Le acque sotterranee rappresentano una delle risorse idriche più importanti, per qualità ed abbondanza: costituiscono circa il 30 percento delle acque dolci sfruttabili dall’uomo, mentre il restante 68 percento si trova accumulato nei ghiacciai e soltanto il 2 percento è disponibile in corpi idrici superficiali. La bonifica ed il ripristino ambientale dei sistemi acquiferi contaminati rappresenta quindi un tema di grande interesse ed attualità.
Il dipartimento Diati del Politecnico di Torino svolge da anni ricerca di frontiera nell’ambito delle nanotecnologie applicate alla bonifica di falde inquinate, la cosiddetta nanoremediation. Quest’ultima rappresenta uno degli approcci più innovativi ed avanzati oggi disponibili per la rimozione di contaminanti tossici e cancerogeni, quali solventi clorurati e metalli pesanti. Le nanoparticelle, grazie alla loro ridotta dimensione, vengono iniettate nel sottosuolo in corrispondenza dell’area contaminata, dove generano una “zona reattiva” in grado di rimuovere gli inquinanti dall’acqua di falda in tempi ridotti e con un’efficacia superiore rispetto agli approcci tradizionali. Se la reattività delle nanoparticelle nella rimozione dei contaminanti è comprovata, il controllo della fase di iniezione e quindi la formazione della zona reattiva rappresentano ancora uno degli aspetti critici e dei principali fattori limitanti nell’applicazione di questa tecnologia su vasta scala. In molti casi non è possibile controllare in modo efficace se e dove le particelle si depositeranno: una mobilità troppo limitata non consente una buona distribuzione delle nanoparticelle all’interno della zona reattiva, una mobilità eccessiva causa una perdita anche significativa di materiale, che si disperde nel sottosuolo senza venire a contatto con gli inquinanti.
Ricercatori del Diati propongono una strategia di iniezione innovativa capace di superare questo limite, consentendo pertanto di migliorare notevolmente il processo di nanoremediation.
“L’approccio che proponiamo – spiega Carlo Bianco, del Politecnico di Torino – sfrutta l’iniezione sequenziale e modulata di una sospensione stabile di nanoparticelle e di un agente destabilizzante, che induce una migrazione ottimale delle nanoparticelle in falda e successivamente una deposizione controllata nella zona desiderata”.
Un modello matematico, sviluppato dai ricercatori, supporta la progettazione delle fasi di iniezione, consentendo di adattare la procedura all’applicazione specifica. L’approccio è stato applicato con successo a scala di laboratorio per ottenere la deposizione controllata di nanoparticelle di ossido di ferro, materiale innovativo sviluppato nell’ambito del progetto europeo Reground-Horizon2020 per la bonifica di acquiferi contaminati da metalli pesanti.
Il metodo proposto rappresenta un importante passo in avanti nel campo della nanoremediation, in quanto, per la prima volta, è stato possibile controllare la distribuzione spaziale di nanoparticelle in mezzi porosi. Se applicato su scala reale, il metodo sviluppato permetterebbe una distribuzione controllata delle nanoparticelle in prossimità della zona contaminata, limitando la perdita di materiale reattivo con conseguente riduzione dei costi totali di bonifica e con un aumento dell’efficacia dell’intervento.